Diffamazione sui social: come si è evoluto il reato ai tempi di Internet

Con l’affermazione dei social network come strumenti di comunicazione quotidiana, il reato di diffamazione ha conosciuto una trasformazione radicale, sia nella forma che nella frequenza. Una frase offensiva, un giudizio lesivo o un'accusa infondata, una volta limitati a conversazioni private o a contesti ristretti, oggi possono diventare pubblici e virali in pochi secondi. Facebook, Instagram, X (ex Twitter), TikTok e perfino WhatsApp sono ormai luoghi virtuali dove la libertà di espressione sfocia non di rado in veri e propri attacchi alla reputazione altrui.

La diffamazione nel Codice penale e l'aggravante "social"

Prima di procedere con l’analisi della sua evoluzione, può essere utile ricapitolare quello che comporta il “reato di diffamazione”, disciplinato dall’articolo 595 del Codice penale italiano. In estrema sintesi, si punisce chi, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione. Quando però la diffamazione avviene "a mezzo stampa", cioè attraverso un mezzo di comunicazione che consente la diffusione a un pubblico vasto, la pena è aggravata. Con l'evoluzione giurisprudenziale degli ultimi anni, i social network sono stati equiparati alla stampa per la loro capacità di amplificare enormemente il messaggio diffamatorio. Di conseguenza, un post su Facebook o un tweet offensivo sono oggi trattati come fattispecie aggravate, con pene che possono arrivare fino a tre anni di reclusione o sanzioni pecuniarie significative. In ambito processuale, i tribunali tendono a valutare con particolare attenzione la portata del mezzo utilizzato, considerando sia il numero di visualizzazioni sia la permanenza del contenuto online.

Il moltiplicarsi dei casi

Secondo un rapporto del Garante per la protezione dei dati personali pubblicato nel settembre 2025, i procedimenti civili e penali legati a comportamenti diffamatori online sono aumentati del 37% negli ultimi due anni. Una crescita che riflette l’uso sempre più disinvolto, e talvolta inconsapevole (ma non per questo meno grave) degli strumenti digitali per esprimere opinioni, spesso ai limiti dell’illecito.

Un elemento distintivo della diffamazione via social è la facilità con cui l’offesa viene condivisa, commentata, rilanciata. Una singola frase può diventare virale, raggiungendo centinaia di migliaia di utenti e causando un danno alla reputazione della vittima molto più grave di quanto sarebbe avvenuto in un contesto tradizionale. La diffamazione via social rientra purtroppo nella grande cerchia delle storture del web degli ultimi anni, che ormai attirano persino l'attenzione del mondo accademico, al punto che anche diversi percorsi universitari, come può essere ad esempio un master in cybercrime, analizzano il fenomeno attraverso esami e moduli a tema.

Profili giuridici e limiti della libertà di espressione

Uno degli aspetti più complessi del reato di diffamazione via social riguarda il confine tra libertà di espressione e tutela di tutte le parti chiamate in causa. In linea generale, la legge riconosce a ciascuno il diritto di esprimere opinioni, anche critiche, purché esse non si traducano in attacchi personali gratuiti, insulti o affermazioni lesive prive di fondamento. La giurisprudenza più recente ha chiarito che non basta l’intento ironico o satirico per escludere la responsabilità penale. Inoltre, è stato ribadito che il reato sussiste anche nel caso di commenti su post altrui: partecipare a una discussione pubblica con frasi denigratorie o insinuazioni infamanti può comportare responsabilità penale individuale, anche in assenza della pubblicazione originaria del contenuto.

Il ruolo della tecnologia e le nuove sfide

Con l’evolversi delle tecnologie digitali, anche le modalità di controllo e contrasto del fenomeno si stanno adeguando. Sempre più spesso, le indagini si avvalgono di strumenti di tracciamento delle fonti digitali, analisi forensi dei dispositivi e collaborazione con le piattaforme social, che sono tenute a conservare i dati degli utenti per finalità giudiziarie.

La difficoltà, tuttavia, resta nel bilanciare la tempestività dell’intervento con il rispetto della privacy. Molti contenuti offensivi vengono cancellati rapidamente o pubblicati con account falsi, rendendo più complessa l’individuazione dei responsabili. Di qui l’importanza della prevenzione, dell’educazione digitale e di una maggiore consapevolezza nell’uso delle parole in rete. Ciò vale tanto per le nuove generazioni, che tuttavia dispongono di una maggiore fluidità nell’utilizzo di questi strumenti, tanto per gli adulti che solo di recente si sono approcciati al web e nello specifico ai social network. Va però sottolineato come sia fondamentale non lasciare bambini ed adolescenti da soli nella scoperta del web: i dati più recenti testimoniano come sia ormai strumento largamente diffuso anche nelle fasce più giovani e per questa ragione il ruolo di guida dei genitori risulta ancor più fondamentale.