Smaltimento dei rifiuti sanitari

In Italia si producono ogni giorno oltre 1000 tonnellate di rifiuti sanitari pericolosi. Durante le emergenze sanitarie i numeri si triplicano; ciò significa che le società preposte al ritiro e conferimento dei rifiuti negli impianti di smaltimento o nelle discariche come la Nova Ecologica si trovano di fronte a un sovraccarico di lavoro, oltre che alla necessità di riportare minuziosamente sui registri di carico e scarico ogni manovra effettuata anche ai fini della compilazione del MUD rifiuti. È tuttavia importante che non solo gli operatori addetti siano adeguatamente formati a riguardo, ma anche e soprattutto coloro che operano nella sanità pubblica e privata.

Tipologie e modalità di smaltimento dei rifiuti sanitari

Il DPR 254 del 2003 regolamenta in Italia la gestione e lo smaltimento dei rifiuti sanitari allo scopo di tutelare l’ambiente e la salute pubblica. La normativa prevede corsi di formazione destinati a tutto il personale addetto alla gestione dei rifiuti in ambito ospedaliero ivi inclusi gli ospedali, le case di cura, i laboratori, le banche del sangue, gli ambulatori veterinari, gli studi medici, le unità riabilitative e tutto il comparto sanitario pubblico e privato. In particolare, l’OSS – l’operatore socio-sanitario – è il responsabile principale della preparazione dei sacchi dei rifiuti. L’OSS è colui o colei che deve predisporre i sacchi per i rifiuti in modo corretto e nei luoghi giusti, ne deve verificare il corretto utilizzo da parte degli altri operatori, è tenuto alla raccolta dei sacchi seguendo le norme di sicurezza e li deve raccogliere per il loro trasporto e segnalare eventuali anomalie. Per poter esercitare questo ruolo è necessario che l’OSS sia fornito degli adeguati dispositivi di protezione individuale. I rifiuti sanitari possono essere di tre categorie principali:

  1. Rifiuti pericolosi a rischio infettivo;
  2. Rifiuti pericolosi a rischio non infettivo;
  3. Rifiuti non pericolosi.

Come gestire i rifiuti pericolosi a rischio infettivo

Si considerano rifiuti pericolosi a rischio infettivo i liquidi biologici contaminati come sangue e secrezioni di pazienti in isolamento per malattie infettive. I rifiuti infetti possono essere anche tutto ciò che si utilizza a contatto con pazienti contaminati:

  • Garze, guanti e mascherine;
  • Cannule, drenaggi, cateteri e fleboclisi;
  • Rifiuti contaminati da feci e urine come i teli monouso e i pannoloni;
  • Aghi, lame e siringhe.

Per smaltire correttamente i rifiuti infetti occorre utilizzare appositi contenitori rigidi chiamati Halipack all’interno dei quali viene inserito un sacco ben agganciato sul bordo del contenitore. La manutenzione di questi contenitori necessita da parte dell’operatore di indossare i guanti – anche due paia per volta – una tuta o divisa protettiva, gli occhiali o maschera protettiva e le scarpe antiinfortunistica. Il cartone si inserisce nei rifiuti non taglienti e non liquidi. La plastica rigida si conferisce negli halibox ovvero contenitori rigidi per oggetti taglienti e appuntiti. I rifiuti liquidi si versano nelle taniche. Il contenitore non deve mai essere riempito oltre i ¾ della sua capienza, il controllo del contenuto deve essere fatto a vista, e vrificare la presenza di halibox, il sacco si deve chiudere senza dover schiacciare il contenuto con le mani. È necessario scrivere un’etichetta che riporta il tipo di rifiuto, il reparto da cui proviene e la presenza di halibox con rifiuti taglienti. Il sacco si trasporta su un carrello dedicato presso il luogo preposto all’immagazzinamento nel quale i sacchi dei rifiuti resteranno non oltre le 24 ore. Al termine della procedura, ci si toglie i guanti, li si getta e ci si lava le mani accuratamente.